Se c’è una cosa che mi rimprovererò sempre a livello di scelte lavorative è di essermi spesso lasciata guidare dalla corrente, passando da un lavoro all’altro sulla base delle opportunità che mi trovavo di fronte, ma senza mai fermarmi veramente a pensare se stavo seguendo una strada che avevo scelto consapevolmente o se invece era qualcun altro – anche il destino – a decidere per me.
Quello che mi piace della storia di Marcella e Camille è che, al contrario di me, hanno deciso da subito che il lavoro se lo sarebbero inventate: hanno portato avanti con convinzione un’idea che le ha conquistate e l’hanno trasformata in un’opportunità lavorativa, a cui hanno dato il curioso nome di Punt e Po.
Ciao Marcella: raccontaci di come è iniziata l’avventura di Punt e Po e di che cosa vi occupate.
Mi sono laureata in Interior Design allo IAAD di Torino nel 2014. Già dopo il primo stage ho capito che il lavoro d’ufficio non era la mia massima aspirazione, e così all’inizio del 2015, insieme a Camille, mia compagna di studi, abbiamo dato il via ad una nostra attività.
Con Punt e Po progettiamo ed organizziamo eventi ed allestimenti temporanei – i Pop-Up Store – per promuovere designer emergenti. L’ispirazione ci è arrivata dall’estero: dopo la laurea la mia socia ha passato tre mesi a New York e ha studiato questa pratica, relativamente nuova, degli eventi Pop-Up, in uso in particolare nel mondo della moda. Insieme abbiamo pensato di trasferirla in Italia e di applicarla al furniture design. Per avvicinare questo tipo di eventi e di temporary store alla cultura dell’evento italiana, gli abbiamo affiancato il momento dell’aperitivo – per noi aperitiPo – che fra l’altro ha origini torinesi, proprio come la nostra attività.
A chi vi rivolgete?
I nostri interlocutori diretti sono i designer, in particolare i nuovi talenti, sia italiani sia stranieri. Ci stiamo muovendo tramite conoscenze e passaparola, frequentiamo le esposizioni, dove abbiamo l’occasione di incontrare nuovi designer, ma ci proponiamo anche direttamente a realtà che ci interessano tramite contatto diretto via internet. Il nostro obiettivo prevede sia di portare designer stranieri in Italia, e sia designer italiani in fiere ed eventi all’estero.
Cerchiamo poi di promuoverci attraverso i social network e quindi Facebook, Instagram e anche Twitter sono i nostri principali canali di comunicazione.
In che cosa consiste esattamente il vostro lavoro?
Ci proponiamo come curatrici in grado di occuparci completamente dell’evento, dal concept, alla progettazione, all’organizzazione, fino all’allestimento e alla gestione durante l’evento stesso.
Il lavoro iniziale consiste nella scelta del target più adatto ad un particolare prodotto e nella ricerca della location ideale. Poi si studia il concept della serata in accordo con i designer che rappresentiamo.
Ci occupiamo noi dell’organizzazione generale, degli eventuali permessi da reperire e della logistica: pensiamo all’affitto da pagare, alla ricerca dello staff, al catering e alla musica o al deejay, fino ad occuparci anche direttamente della vendita degli oggetti esposti durante l’evento, se prevista. Sì, perché trattandosi di un temporary store c’è anche la possibilità per il pubblico che partecipa di procedere all’acquisto.
Oltre a tutte le questioni pratiche ed organizzative, essendo prima di tutto due designer, ci piace moltissimo occuparci della progettazione dell’evento, che va dallo studio dell’exhibition design fino al disegno della grafica che accompagna la promozione. E qui si apre tutto il capitolo della comunicazione: decidiamo il modo migliore di promuovere il brand rappresentato e l’evento proposto e ne assicuriamo la copertura mediatica in pieno stile di guerrilla marketing.
Come si diventa imprenditrici di se stesse a 22 anni?
Certamente all’inizio abbiamo avuto dei timori a buttarci con una nostra attività, senza avere precedenti esperienze all’interno di agenzie più strutturate che ci insegnassero il mestiere. Probabilmente da sola non me la sarei sentita, ma con Punt e Po siamo partite in due e questo ci ha dato più forza, oltre alla ferma convinzione che abbiamo nelle potenzialità della nostra idea.
All’inizio ci siamo fatte seguire da una sorta di incubatore di impresa, il MIP (Mettersi In Proprio), che ci ha guidate attraverso la stesura di un nostro Business Plan e ci ha aiutate a muovere i primi passi grazie ad esercitazioni e allo studio dei nostri potenziali competitors.
In Italia quali sono gli eventi nei quali avete maggiore possibilità di partecipare?
Finora abbiamo avuto modo di lavorare principalmente a Milano e abbiamo partecipato al Fuorisalone e alla Settimana della Moda, ma anche Torino, che è la nostra città, comincia a presentare per noi un buon panorama d’azione. Qui abbiamo collaborato per esempio con il Mercato Metropolitano.
Il nostro primo evento ha avuto luogo durante il Fuorisalone del 2015 allo Spazio Ex-Ansaldo: eravamo sponsorizzate dalla nostra università, che in questo modo aveva anche l’opportunità di farsi conoscere, e abbiamo presentato due furniture designer piemontesi e due jewelry designer milanesi, con buoni risultati.
Esiste una location ideale per la tipologia di evento che avete in mente?
Crediamo che non esista un luogo adatto al designer emergente e di volta in volta la nostra ricerca spazia in ambientazioni molto diverse fra loro.
La nostra idea è che anche la location possa giovare dell’evento: per esempio ci siamo rivolte ad una società immobiliare torinese che, offrendoci alcuni immobili sfitti adatti alle nostre esigenze, ha a sua volta avuto modo di renderli visibili ad un numero maggiore di persone potenzialmente interessate ad affittarli. Ci è capitato poi di esporre all’interno di studi di architettura, che in questo modo riuscivano anche a farsi promozione.
Oltre alle location, per noi sono di fondamentale importanza anche gli sponsor, ai quali cerchiamo di rivolgerci per tenere i costi a carico dei designer più bassi: ogni evento ha una sua tematica e quindi possiamo optare di volta in volta per aziende che si occupano di grafica o di materiali, ma anche di alimenti o bevande.
Quali sono i prossimi passi che avete in mente?
Siamo ancora all’inizio e sappiamo di avere ancora molto da imparare.
A livello di formazione, Camille in questo momento si è trasferita a San Francisco per seguire un Master di Business dedicato alla strategia del design, mentre io mi sono trasferita a Madrid per poter collaborare con i Pop-Up Store locali e per sviluppare prossimamente un Pop-Up di un paio di mesi con designer internazionali interamente curato da noi.
Un obiettivo più a lungo termine è quello di lavorare ad una piattaforma online che funzioni quasi come un social network, con i profili dei designer, da un lato, e delle potenziali location che si propongono, dall’altro, in cui proporremmo pacchetti con differenti servizi, ma è ancora un’idea in divenire.
Quali sono gli aspetti più difficili di questo lavoro?
Innanzitutto far capire ai designer – quindi ai nostri clienti – di che cosa ci occupiamo e convincerli a fidarsi di noi. In generale finora è stato paradossalmente più facile lavorare con designer stranieri, che forse sono già abituati a questo genere di collaborazioni, che non con designer italiani, che abbiamo trovato in qualche modo più diffidenti. Per esempio una designer israeliana che esponeva vasi al Fuorisalone, non potendo fermarsi in Italia per tutto il tempo della sua esposizione, non ha avuto nessun problema a lasciarci gestire i suoi prodotti e ad autorizzarci alla promozione e all’eventuale vendita, oltre ad occuparci poi di rispedirle il tutto. Non tutti condividono questa fiducia.
Un altro aspetto difficoltoso di questo lavoro, ma probabilmente di tutte le attività, è gestirne anche la parte burocratica e riuscire a valutarne tutti gli aspetti, da quello finanziario a quello assicurativo, e il master di Camille cercherà di colmare proprio queste lacune.
Ho dimenticato di chiederti che cosa significa Punt e Po!
E’ semplice, per il nome Punt e Po, che è ora anche un marchio registrato, ci siamo ispirate al “Punt e Mes”, il vermouth aperitivo nato proprio in Piemonte alla fine dell’Ottocento: insomma un’idea per richiamare ancora una volta la tradizione dell’aperitivo e della cultura italiana in generale!
E così fra pop-up store, location, concept, target, business plan, start-up, competitors… torniamo a ritagliarci un angolo di tradizione italiana – anzi locale e dialettale – che non ci dispiace affatto: datemi subito un Punt e Mes!
Puoi contattare Marcella e Camille attraverso il loro sito.
Se invece vuoi raccontarmi la tua storia di archinoia, scrivimi.