
Mi chiamo Marta, sono un’architetta e vivo a Milano. La combinazione di questi ultimi due fattori fa sì che le frasi che mi trovo a pronunciare più spesso siano: “Non ho tempo!” e “Sono in ritardo!”.
Lavoro per una società di ingegneria che si è occupata di alcuni dei più importanti cantieri cittadini degli ultimi anni: personalmente non ho seguito i progetti più cool, ma quelli commerciali ed industriali.
Fra le esperienze lavorative che mi lascio alle spalle, gli anni in due diversi studi di architettura e in un’agenzia nel campo di allestimenti e moda, più alcuni semestri da assistente al Politecnico di Milano.
Ho iniziato da alcuni anni a scrivere Archinoia perché non riuscivo a ritrovare nel lavoro di ogni giorno la creatività e gli stimoli che mi sarei aspettata e quindi ho deciso di ricercarli attraverso il blog tramite il confronto e la condivisione con chi fa la mia stessa professione: oggi continuo a scriverlo (o almeno ci provo) perché farlo mi ha aiutata a ritrovare un senso nel mio lavoro.
Archinoia è un progetto che ho in mente da tempo, ma è prima di tutto una presa di coscienza individuale sulla mia condizione di architetta.
Ho scoperto il suo blog cercando una soluzione su come comportarmi in un ambiente fortemente ostile e maschilista in cantiere. Io sono una architetto che da 3 anni ha scavalcato la barricata passando dalla scrivania di uno studio alla direzione cantiere per conto di un’impresa di restauro. Essere lì, in cantiere tutti i giorni e doversi costantemente mettere a confronto con uomini che, nonostante si sia di pari livello, ti dicono che nell’edilizia c’è una “piramide gerarchica” alla quale devo sottostare, per cui in caso di aggiornamenti, variazioni di progetto o altro, devo attendere (nonostante si sia a meno di 1mt l’uno dall’altra) che le comunicazioni mi vengano riportate dai titolari dell’impresa con cui collaboro (che del progetto spesso non conoscono tutto), è umiliante. Per essere qui ho sgobbato e faticato più di loro, senza raccomandazioni e impiegato anni di sacrifici (anche non pagati) per arrivare a questo livello di conoscenza e competenze. Leggere il tuo articolo mi ha fatto rendere conto che non sono sola e non l’unica. E’ però ancora più imbarazzante non avere l’appoggio dei titolari per cui lavoro, perchè temono di avere ritorsioni se prendessero una posizione.
Ti ho scoperta googlando cose come: “architetto reinventarsi”, dettate da un momento di archinoia. (ebbene si! ora posso dirlo, grazie a te questo stato d’animo da oggi ha un nome), durante una domenica sera cercando di non pensare all’inizio della settimana di lavoro in studio (ah si, sono architetta, almeno cosi dicono!). I tuoi articoli in questo blog sono quasi terapeutici, danno sfogo alle fasi che viviamo mentre cerchiamo di realizzarci professionalmente e di avverare quel sogno che ci portiamo nella testa e nel cuore dall’università. E che infondo… non è più nemmeno un sogno, ma un modo di vivere, pensare e vedere il mondo che ci circonda e le persone che lo vivono, criticano, mutano nel tempo.
Continua, io e credo tanti altri archiannoiati ti seguiamo appassionati!
Ciao Maria! Grazie mille per questo commento, mi ha fatto davvero piacere riceverlo 🙂 So di aver trascurato molto questo blog negli ultimi tempi, ma mi auguro – prima o poi – di riuscire a riprendere a scrivere con lo stesso spirito di quando ho iniziato! Leggerti mi dà sicuramente un grande incoraggiamento. A presto!
Stupendo!!! Non vedo l’ora di ritagliarmi una serata per leggermi tutti i tuoi articoli 😉
Grazie Ludovica! Mi fa molto piacere 🙂